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BRESCIA,
Palazzo Martinengo
Impressionisti Italiani
25 Ottobre 2002
- 23 Febbraio 2003
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Giuseppe De
Nittis
Tra le spighe di grano
1873, olio su cartone, coll. priv.
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“Questa è una mostra coraggiosa (….) fortemente documentata e argomentata da Renato Barilli. Una mostra dedicata alle opere e agli autori che in Italia, nel secondo Ottocento, possono essere inscritti in quella corrente rivoluzionaria nel modo di dipingere che si racchiude dentro l’etichetta dell’Impressionismo. Corollario essenziale della tesi barilliana è l’essere l’Impressionismo un modo di lavoro, un processo creativo dalle infinite sfumature locali.”
(Citazione dal catalogo della mostra
“Impressionisti italiani”,
prefazione di Tino Bino, Direttore di Brescia Mostre)
Dopo la precedente mostra dedicata all’Impressionsimo europeo, Brescia Mostre ha inaugurato l’esposizione “Impressionismo italiano”, curata dal prof. Renato Barilli e dalla sua équipe di valenti studiosi.
Questa rassegna si basa sull’assunto fondamentale che la nozione di Impressionismo, generalmente applicata a un certo numero di artisti francesi, può essere in realtà applicata ad altri pittori europei proprio per il comune modo di intendere e di rappresentare la realtà.
E’ assodato che gli impressionisti francesi non realizzarono una vera elaborazione teorica, ma proclamarono solo il generico impegno di produrre una pittura dal vero, basata sull’impressione individuale di fronte al soggetto, qualunque esso fosse. In tal modo la superficie acquistava una singolare autonomia, legandosi all’emozione del pittore e trasmettendo al tempo stesso delle emozioni che l’osservatore può filtrare autonomamente; il quadro diventava così una nuova realtà naturale.
La rivoluzione degli impressionisti fu, quindi, una rivoluzione di metodo che superò immediatamente i confini del luogo di nascita coinvolgendo le giovani generazioni di altri Paesi, tra cui l’Italia.
L’arco cronologico preso in esame dal prof. Barilli va dal 1860 al 1895, data in cui l’Impressionismo europeo entra nella fase dei vari “post” che ne causano la dissolvenza, o meglio, l’evoluzione in qualcosa di diverso.
Al centro dell’esposizione bresciana c’è la prima generazione dei macchiaioli toscani (Fattori, Lega, Cabianca, Banti), colti nel momento in cui si liberarono del tema storico e andarono ad affrontare temi paesaggistici e documentari con spirito libero da preconcetti. A costoro seguono artisti più giovani ed emancipati (Borrani, Signorini, Abbati,
Sernesi).
Una larga attenzione è rivolta alle diverse “scuole” regionali: dai napoletani (Resina, De Gregorio, Rossano e Toma), ligure-piemontese (Pittara, Avondo, D’Andrade, Delleani), lombarda (Cremona, Ranzoni, Bianchi, Gignous, Carcano). Uno sguardo particolare va ad alcuni artisti di varia provenienza la cui attività, già legata ai modi impressionisti, subì un’ulteriore evoluzione in questo senso dopo lo spostamento a Parigi (il ferrarese Boldini, il pugliese De Nittis, il veneziano
Zandomeneghi).
La vasta selezione effettuata da Barilli, nonostante le critiche che potrà sollevare da qualche parte, ha il pregio di portare il visitatore a conoscenza di opere fino ad oggi non troppo esposte.
Il catalogo della mostra è pubblicato da Mazzotta.
Ottima, come sempre, l’organizzazione di Brescia Mostre (tel. 030.297551; e-mail:
informazioni@bresciamostre.it).
Giordano Berti
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